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PONTE SULLO STRETTO WSJ (topic vecchiuni) 

Ponte SI o NO?
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PONTE SULLO STRETTO WSJ (topic vecchiuni) 
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siciliano ha scritto:
cioffanni69 ha scritto:
siciliano ha scritto:
io voglio la sicilia staccata dall'Italia... sti polentoni ci stanno rovinando :wink:


Purtroppo non è solo lo stretto a renderla staccata

perchè purtroppo?
noi abbiamo una forte identità che ci distingue bene dall'Italia. non la vedo come una pecca ma come una ricchezza.
L'autonomia Siciliana deve essere un obiettivo comune, non una partito politico dalle false pretese.
Siamo storicamente diversi dall'Italiano e l'autonomia concessa per costituzione dallo Stato Italiano è la normale conseguenza.
Tornando al topic continuo a ritenere che la vicenda sia più una costruzione mediatica che una esigenza reale dei siciliani.


Io intendevo staccata non solo fisicamente ma come regione facente parte di uno Stato.
Il divario economico, sociale e strutturale che si è creato negli anni tra il sud ed il nord diventa sempre
più evidente e non sarà sicuramente il ponte sullo stretto ad assottigliarlo.Se poi tu mi dici che vedresti la Sicilia come uno Stato indipendente posso darti ragione nel senso che, bene amministrata, potrebbe sfruttare al meglio le sue ricchezze e le sue potenzialità.


mercoledì 23 aprile 2008, ore 13:40
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dada ha scritto:
Non condivido per niente questo ragionamento Ci'...la Sicilia sarà arretrata rispetto al resto dell'Italia...ma non siamo il Terzo Mondo!!!
Ma no, ma io non ho detto che la Sicilia è da terzo mondo ma che lo sono i ragionamenti in cui si pensa alle cose complicate quando mancano le cose primarie. Lo sviluppo è armonia, avere un'opera faraonica quando mancano le cose essenziali è tipico degli stati del terzo mondo, dove i governi cercano solo di farsi belli e non gliene frega un cacchio delle condizioni della popolazione. Vi ricorda i nostri governanti? Ma và?
Ma esiste che gli studenti di Gela per andare a Catania e Palermo devono farlo con quei torpedoni anzichè prendere dei bei trenini??
E poi la modernità che stravolge è proprio quella del ponte, mica delle ferrovie efficienti o le condotte idriche.


giovedì 24 aprile 2008, ore 14:53
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siciliano ha scritto:
io voglio la sicilia staccata dall'Italia... sti polentoni ci stanno rovinando :wink:

Potrei sapere i motivi dei due punti sopracitati?


giovedì 24 aprile 2008, ore 17:04
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siciliano ha scritto:
io voglio la sicilia staccata dall'Italia... sti polentoni ci stanno rovinando :wink:



In parte mi trovo d' accordo con te ; non sono daccordo che la Sicilia si debba staccare dal nord , io preferirei che il Meridione avesse pari dignità e pari opportunità .
Il ponte secondo me non si deve fare perché è un opera che è destinata a durare poco .

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venerdì 25 aprile 2008, ore 8:24
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gianiro ha scritto:
damalibe ha scritto:
siciliano ha scritto:
io voglio la sicilia staccata dall'Italia... sti polentoni ci stanno rovinando :wink:



In parte mi trovo d' accordo con te ; non sono daccordo che la Sicilia si debba staccare dal nord , io preferirei che il Meridione avesse pari dignità e pari opportunità .
Il ponte secondo me non si deve fare perché è un opera che è destinata a durare poco .


Perchè?[/quote



geologi italiani saranno presto chiamati a un deciso pronunciamento sulla massa di grandi opere che stanno per abbattersi sul nostro disgraziato Paese: porti, metropolitane, ferrovie ad alta velocità, ma soprattutto strade, autostrade e ponti, di cui sembra ci sia un gran bisogno per adeguarsi all'Europa e ammodernarsi. Ma è davvero così ? Abbiamo bisogno di queste grandi opere ? I dati "oggettivi" e il contesto ci permettono forse altre posizioni più pertinenti alla professionalità e alla coscienza del geologo ?
In Italia ci sono 308.000 km di strade "ufficiali" (quelle che una volta erano di pertinenza ANAS) su 300.000 kmq di superficie, senza contare tutti i chilometri di strade non censite, che porterebbero a raddoppiare quella cifra fino al rapporto di 2 km lineari di strade per ogni kmq di territorio, rapporto che non sembra avere pari in alcun paese del mondo. Ma teniamo per buona la cifra ufficiale e compariamola ai chilometri di autostrade (teniamo fuori per il momento le superstrade, quelle con almeno 4 corsie separate da barriera centrale) in esercizio: in Italia risultano circa 23 km di autostrada ogni 1000 km di strada "normale", mentre nel resto d'Europa il rapporto è 13 a 1000: per quale ragione dovremmo avere bisogno di nuove autostrade quando ne abbiamo già quasi il doppio degli altri ? Più strade significa più traffico --e non il contrario, come qualcuno contrabbanda-- e infatti in Italia ci sono 53 autoveicoli ogni 100 abitanti, contro la media europea di 42, e l'81% della mobilità è soddisfatta da veicoli privati. E questo è anche il motivo per cui le nostre strade e autostrade sono quasi sempre sede di lavori in corso più che altrove: qui da noi su ogni chilometro insistono 80 autoveicoli, contro i 40 dell'Europa e i 42 degli Stati Uniti. Certo, l'Italia è un paese densamente abitato ed è un paese montuoso, ma non sarebbero questi motivi sufficienti per impegnare ogni lira possibile per ridurre il traffico su gomma e per risanare la rete viaria già esistente ?
Se per caso volete recarvi in automobile da Maastricht a Mazara del Vallo --su tutta la lunghezza d'Europa-- troverete mancanti solo 50 km, quelli fra Messina e Palermo, ammesso che si voglia chiamare autostrada il tratto siciliano restante e che si voglia considerare decente la Salerno - Reggio Calabria, priva di terza corsia, perennemente interrotta per lavori e priva di corsia d'emergenza. Un ponte supermoderno che unisca queste due mulattiere non sembra proprio l'ideale per muoversi in sicurezza e per utilizzare al meglio il denaro, specie in un Paese in cui ci sono già decine di opere incompiute rimaste a metà.
Come geologo, di dubbi sul costruendo ponte sullo stretto di Messina ne coltivo più di uno: dallo stato di dissesto idrogeologico in cui verseranno le aree che dovrebbero fare da spalla al ponte ai problemi di natura sismica, e voglio dire ad alta voce che il ponte è brutto e inutile e forse pericoloso, che è profondamente diseducativo per tutto quello che riguarda i rapporti uomo-natura, che è eticamente riprovevole e politicamente fariseo, che difende interessi di corporazione e che offre dubbi benefici rispetto agli elevatissimi costi. E che tutto questo non dipende dalla parte politica che lo ha proposto --lo hanno fatto tutti, da Craxi a Rutelli a Nesi a Berlusconi--, ma solo da intelligenza e buon senso.
Se non avete mai saputo raffigurarvi un impatto ambientale e paesaggistico negativo, immaginate un ponte lungo tre chilometri e mezzo e largo circa 70 metri lanciato sopra uno dei mari più belli del mondo e immaginate che per sostenerlo occorrono 166.000 tonnellate di acciaio arrangiato in cavi di un metro e venti centimetri di diametro. Immaginate poi due torri enormi, alte fino a sfiorare i 400 metri (più della Tour Eiffel o dell'Empire State Building), infisse fino a 55 metri di profondità nel terreno, e che svettano rispetto alle più basse colline circostanti. Immaginate ancora le 100.000 tonnellate del ponte sospese a circa 65 metri di quota, ma non immaginatele immobili: il ponte infatti oscilla, liberamente, di circa 12 metri in orizzontale e 9 in verticale (nel settore centrale) per resistere ai venti che, nello stretto, possono superare i 200 km/h. L'unica cosa che potrebbe evitarvi di sentirsi in un flipper nella parte della pallina è che qualcuno chiuda il ponte al traffico tutte le volte che c'è vento troppo forte: cioè la struttura può resistere, in teoria, a raffiche fino a 270 km/h, ma in quei casi deve essere interdetta. Non è un fatto raro, lo stesso, modernissimo, Millennium Bridge, a Londra, è stato chiuso per il vento. Si stima che situazioni del genere possono portare (come qualche volta accade anche sui viadotti delle autostrade per i mezzi telonati) all'interruzione del traffico per circa 50 o più giorni all'anno, e, per contro, si è certi che il traffico marittimo sullo stretto viene interrotto solo in rarissimi casi.
Ma ci sono considerazioni di carattere etico che vanno necessariamente messe in luce e che i geologi sono obbligati a fare. E' ormai ora di tracciare un limite netto al diritto dell'uomo di imporre modifiche definitive all'ambiente che lo circonda, specie se queste hanno un impatto elevato e, in ultima analisi, danneggiano anche la razza umana. In altre parole chi si prende la responsabilità di unire qualcosa che la storia naturale ci presenta divisa ? Chi decide che i nostri figli e nipoti dovranno accettare un'opera come quella ? Quale giustizia intergenerazionale ci manderebbe assolti dall'aver modificato per sempre uno spazio naturale, storico e mitologico che poteva essere goduto anche dai nostri discendenti così come era pervenuto a noi ? Non siamo più al tempo dei Romani, che un ponte comunque lo gettavano sempre (pontefice era chi lo costruiva e lo difendeva), sono passati i tempi in cui le grandi opere erano dettate da bisogni reali e gli uomini erano ancora in pochi a vivere in ecosistemi sostanzialmente sani ed equilibrati. E non è neppure un problema tecnologico: se lo fosse fra qualche decennio potremo sperare di unire Olbia a Civitavecchia, o --perché no-- Genova a Tunisi, restaurando quei ponti continentali che secondo i geologi del secolo scorso spiegavano le grandi migrazioni di animali, prima che si scoprisse che erano i continenti a essere andati alla deriva. Il problema è: serve un'opera come questa, oggi, in Italia ?
La potente lobby di neo-futuristi e ingegneri italiani è già all'opera da anni sulla questione stretto e grandi opere in genere: alta velocità, autostrade, dighe e quanto altro possa alterare il volto naturale di un paese la cui vocazione non può essere quella industriale, ma quella turistica e naturalistica, dove dovrebbe prevalere la mentalità del recupero e del riciclaggio e non dell'asfalto e del cemento. E se solo una parte dei cittadini italiani ritenesse il ponte non solo inutile e dannoso (come cercherò di dimostrare), ma anche brutto ? Chi tutela i diritti estetici delle popolazioni ? Non siamo stanchi di ponti, viadotti, tunnel, autostrade il cui unico risultato è quello di incrementare il traffico su gomma ? L'entusiasmo onanistico della corporazione ingegneristica di fronte al sogno fallico del ponte è ormai palmare: si arriva a proporlo come ottava meraviglia del mondo e a paragonarlo ai più famosi ponti nord-americani di San Francisco o New York, senza curarsi dell'area metropolitana degradata da incubo che si verrebbe così a creare fra Reggio Calabria e Messina, senza studiare la realtà naturale ricca e complessa dell'area dello stretto, senza preoccuparsi del tessuto sociale.
Non parliamo poi del contesto storico e mitologico (come ha giustamente messo in luce il Sottosegretario ai Beni Culturali Vittorio Sgarbi), oltre che naturalistico - ambientale, sfregiato per sempre da una "spada" di acciaio e cemento che cadrà in rovina in un paio di secoli al massimo. La domanda giusta è quella che si è posta Montanelli: come si fa a non essere in disaccordo ? Il concetto stesso di isola per i siciliani verrebbe così a cambiare radicalmente, con tanti saluti a Sciascia, Bufalino e a tutti quelli che dell'isola fanno anche una ragione di orgoglio, senza per questo essere separatisti. Come poi se il paesaggio statunintense --dagli orizzonti caratteristicamente smisurati-- abbia qualcosa da spartire con quello mediterraneo.

Oltre a quelli appena citati, un argomento cruciale che impedisce oggettivamente di essere a favore della costruzione del ponte sullo stretto di Messina è, insieme a quello geologico, quello economico-finanziario, cioè il rapporto fra costi e benefici assolutamente non conveniente.
Gli studi più recenti di questo tipo riguardano i trasporti passeggeri, ma basta farsi due conti per vedere quanto tempo effettivamente si guadagnerebbe nell'attraversamento aereo dello stretto rispetto a quello marino. L'ipotetico viaggiatore che da Palermo volesse raggiungere in treno Roma (attualmente 13 ore) o Milano (18 ore) risparmierebbe, se tutto va bene, circa 1 (una) ora, un lasso di tempo sicuramente prezioso, ma nulla al confronto di quello che ci si guadagnerebbe a rifare prima la rete ferroviaria siciliana, che viaggia spesso a un solo binario, e che permette al collegamento Ragusa - Messina la straordinaria media di 40 km/h (circa 5 ore per coprire i 200 km di distanza): raddoppiando la tratta e dimezzando i tempi ci sarebbe un guadagno --quello sì vero-- di oltre 2 ore e mezza. Da Palermo a Messina il raddoppio della strada ferrata porterebbe un risparmio di circa 1 ora e mezza: meglio questo in poco tempo o l'ipotetica ora in 15 anni, se va bene ?
C'è poi un problema particolare per l'attraversamento ferroviario: nel luglio 1996 Aurelio Misiti, il principale responsabile tecnico del progetto (ex presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, oggi assessore calabrese), aveva dichiarato in un'intervista: "Bisogna sapere che l'attuale progetto è inadeguato. Sappiamo benissimo che attualmente nel mondo il ponte più lungo a una campata è quello di Akashi, in Giappone, dal quale per diverse ragioni è stata tolta la ferrovia". Cioè non esiste ancora al mondo un ponte a campata unica superiore a 1500 m percorso da treni e quello di Messina, di metri, ne dovrebbe misurare 3360. E per favore qui ci si risparmino le "opere che illustrano l'ingegno italiano nel mondo", o le "sfide alla natura e alle leggi dell'uomo", che, se ci mettiamo a esaminarle una per una, c'è da far tremare le vene dei polsi (pensiamo alla diga di Assuan, al traforo del Gran Sasso, al Vajont, tutti casi in cui non si è tenuto conto del contesto in cui le opere andavano inserite). La storia insegna che quando l'uomo sfida la natura --invece di tentare una convivenza armonica-- ci rimette sempre.
E in automobile ? Se non ci sono date particolari, week-end e italiche ferie --attualmente-- ci vogliono 25 minuti per attraversare materialmente lo stretto di Messina in traghetto, poi bisogna considerare le attese per il biglietto e per la coincidenza, in tutto circa 35'-40'. L'attraversamento aereo via ponte ridurrebbe i tempi da 25' a circa 5' (se non vogliamo correre), ma non ci sarebbe comunque verso di eliminare code e file --nei giorni clou-- perché il pedaggio da qualche parte lo si dovrebbe pagare e in fila ci si dovrebbe mettere lo stesso, esattamente per gli stessi tempi. Vale la pena di costruire un'opera da 20.000 miliardi complessivi per risparmiare 20 minuti ?
Ma poi c'è il pedaggio, questione che nessuno riesce a chiarire. Quello che è sicuro è che, oggi, per passare da Reggio a Messina (e ritorno) si pagano circa 35.000 lire per veicolo, a prescindere dal numero dei passeggeri, e che, in treno, non si paga alcun supplemento rispetto al biglietto. Quanto ci costerà domani passare attraverso il ponte ? Tutto dipende dai tempi di concessione ai privati che lo stato dovrebbe fare dell'opera: su 100 anni per esempio si potrebbero tenere i prezzi bassi quasi come quelli di oggi, ma le stime serie vengono fatte su 50 anni, perché nessun privato può aspettare tempi così lunghi per ammortizzare le spese.
In questo caso il biglietto costerebbe già 54.000 lire per veicolo e ci vorrebbe un sovrapprezzo di 10.000 lire per ogni passeggero in treno; non risulta chiaro, però, se si tratti di andata e ritorno oppure no. Però le leggi europee impongono che le concessioni non superino i trent'anni e qui cominciano i guai, anche nella prevista ottica del project financing. In questo caso, il ponte non costerebbe una lira allo Stato, e verrebbe interamente finanziato da un "pool" di privati che poi rientrerebbero dell'investimento ottenendo in concessione i pedaggi. Ma qui bastano pochi conti per verificare che le ottimistiche affermazioni di rapidi rientri economici sono quanto meno azzardate: prendendo come riferimento gli attuali flussi di traffico dei passeggeri e delle merci e le tariffe dei traghetti, e immaginando che il 100% degli attraversamenti si spostino dal mare al ponte, solo per coprire il 50% del costo prevedibile del ponte e delle vie d'accesso, bisognerebbe prevedere una concessione di 100 anni ai finanziatori dell'opera, se vogliamo lasciare inalterati i prezzi. Ma un tempo così lungo, come si è visto, non è possibile né conveniente per chi investe.
Aurelio Misiti ha dichiarato ("la Repubblica", 11/09/1997): "Quindici anni di concessione sarebbero sufficienti con medie di traffico bassissime, diecimila auto al giorno, a recuperare l'investimento e a guadagnare". Alcune organizzazioni ambientaliste (Legambiente) hanno provato a verificare l'attendibilità di tali dichiarazioni: sono stati presi in considerazione gli attuali flussi di traffico lungo lo stretto e le tariffe in vigore per il passaggio di auto, camion e treni fissando ipoteticamente il costo dell'infrastruttura a 8000 miliardi. Sono stati prese in considerazione anche le infrastrutture necessarie per il collegamento con le autostrade, stimando il costo totale in 12.000 miliardi (1998).
La possibilità di realizzare l'opera in regime di project financing è credibile se si considera una durata della concessione ultradecennale e il pressoché totale assorbimento del traffico su traghetti dalla data di inaugurazione dell'infrastruttura. Per questo motivo devono essere calcolate tariffe sostanzialmente analoghe a quelle attualmente in funzione sui traghetti (il caso dell'Eurotunnel sotto la Manica dimostra che tariffe più alte di quelle dei vettori concorrenti hanno, soprattutto nei primi anni, un effetto vistoso di contrazione dei passaggi). Nel calcolare la percentuale di copertura dei costi da parte di investitori privati sono state operate diverse proiezioni di durata della concessione indicizzando tariffe e costi. In particolare sono stati considerati i seguenti parametri: un quantitativo di passaggi l'anno identico a quello esistente, il totale trasferimento sull'infrastruttura di tutti gli attuali passaggi su traghetti, tariffe per il passaggio pari a quelle esistenti e un costo totale dell'infrastruttura di 12.000 miliardi. Gli scenari a questo punto possibili sono: 1) concessione decennale: in questo caso la copertura del costo con investimenti privati può oscillare da un minimo del 10% ad un massimo del 15%; 2) concessione quindicennale: la copertura del costo per investimenti privati può oscillare da un minimo del 15% ad un massimo del 25%; 3) concessione cinquantennale: la copertura del costo è intorno al 50%.
Proviamo a prendere in considerazione invece i dati citati da Misiti ("la Repubblica" 11/09/1997) e consideriamo quindi un flusso di 10.000 passaggi al giorno, 15 anni di concessione e una spesa complessiva di 8.000 miliardi. Quindici anni equivalgono a 5475 giorni, per recuperare gli 8.000 miliardi di lire investiti deve essere quindi previsto un attivo giornaliero netto di un miliardo e quattrocentosessanta milioni (escluse le spese per il personale, l'ordinaria amministrazione, ma soprattutto non considerando gli interessi sull'enorme massa di denaro investita). Considerando 10.000 passaggi al giorno, per ognuno si dovrebbe prevedere una tariffa di circa 140.000 lire. Anche ipotizzando carichi di traffico maggiori, e una tassa sul passaggio dei treni, appare difficile che l'investimento possa essere realmente recuperato in quindici anni. Ma soprattutto, se realmente la tariffa per il passaggio dovesse essere di 140.000 lire, il ponte subirebbe la concorrenza di traghetti e aerei, con gli effetti economici sul ritorno finanziario dell'intera operazione già verificati negativamente nel caso dell'Eurotunnel sotto la Manica. Tutto questo per un opera che non è "per sempre", ma la cui vita è assicurata solo per 200 anni: e dopo ? E infine: perché qualcuno dovrebbe pagare quasi quattro volte di più di quanto non si faccia oggi ?
Come si è visto, molto dipende dai volumi di traffico stimati, ma qui torniamo nel campo delle opinioni: oggi sul ponte potrebbero transitare 10.000 veicoli al giorno, siamo sicuri che domani ne transiterebbero 100.000 ? Su quali basi qualcuno prevede un incremento del 250% delle merci e del 170% dei passegeri ? E non sarebbe da folli --nel caso di effettivi incrementi di quel genere-- continuare a mandare i TIR da Genova a Palermo sull'autostrada invece che via mare ? Si può far sommessamente notare, inoltre, che un cavallo vapore marino trasporta 4000 kg di merci, mentre uno terrestre solo 150 e che, quindi, è palesemente sconveniente ? Non sarebbe poi un colpo mortale inferto al cabotaggio siciliano, che dovrebbe essere un pilastro economico di quella che resta pur sempre un'isola ?
A ciò va aggiunto che molti passeggeri non saranno sicuramente presenti all'appello, anzi, mancheranno proprio i paseggeri più regolari, quelli a cui il ponte avrebbe dovuto fare un gran favore, cioè gli abitanti di Reggio Calabria, Villa San Giovanni e Messina che avrebbero gli accessi alle rampe del ponte talmente lontani dai rispettivi centri abitati da dover preferire comunque e sempre i traghetti o gli aliscafi. Il ponte non è sicuramente un'alternativa valida per il traffico locale.
In ultimo è curioso constatare come i costi del ponte crescano di anno in anno, dai quasi 5000 iniziali agli attuali 12.000 ai probabili 21.000 nella fase di realizzazione: ha senso spendere tutti questi denari in questo tipo di opere quando con 500 miliardi si potrebbero risistemare i traghetti pubblici e privati e con circa 2000 miliardi costruire un sistema integrato multimodale di trasporto che avrebbe un impatto ambientale ben inferiore ?

Infine, possiamo discutere che il ponte sia pericoloso, ma siamo certi che --in caso di sisma-- sarebbe quantomeno inutile. Appena tre anni fa è caduto il novantesimo anniversario del più forte terremoto mai subìto, a memoria d'uomo, dall'intero bacino del Mediterraneo. Reggio Calabria e Messina furono rase al suolo da un sisma (XI-XII grado della scala Mercalli) che fece oltre 80.000 morti e successivamente invase da onde di marea alte come palazzi. Siamo sicuri che il rischio di costruire una struttura del genere nella zona a più elevata sismicità del Mediterraneo sia sufficientemente basso ? Reggerà un ponte che è stato commisurato a magnitudo 7,1 Richter, tenendo presente quel terremoto del 1908, visto che --non essendoci al tempo rilevamenti strumentali adatti-- si tratta di una stima indiretta e che, quindi, la scossa prossima ventura potrebbe essere 7,2 o 7,5 ? Il terremoto umbro-marchigiano del 1997 ci dice che forse non conosciamo abbastanza di sismi: e se non siamo stati in grado di prevedere una "coppia sismica" dove prima non c'era mai stata, che ne sappiamo che il prossimo terremoto tra Reggio e Messina sarà 7,1 e non più dannoso ?
E --infine-- che ce ne facciamo di un ponte che rimane in piedi se il terremoto è veramente "solo" 7,1 Richter ? Invece di unire due future aree cemeteriali --quello che diventerebbero Reggio e Messina-- non sarebbe meglio spendere prima quelli e altri denari (pubblici e privati, occupazione e profitti, di questo si tratta, sarebbero comparabili) nella ristrutturazione di città che hanno solo il 5% antisismico ? Quali sono le priorità dettate dal buonsenso ?
La Sicilia nord-orientale e la Calabria meridionale sono davvero le regioni a più alto rischio sismico dell'intero Mediterraneo. A partire dal IX secolo, quest'area è stata colpita da almeno 13 terremoti d'intensità superiore al VII grado della scala Mercalli. Inoltre, sul quadro geologico dello stretto di Messina esistono tuttora discordanti interpretazioni: sulla genesi stessa dello stretto è in corso da anni un acceso dibattito scientifico, e persino la faglia del terremoto del 1908 resta da definire con certezza sul versante calabrese. Per quanto riguarda la vulnerabilità strutturale del ponte, rimane da verificare la risposta di un'opera tanto complessa e delicata ad una serie di violente scosse ravvicinate, sul modello della crisi sismica calabrese del 1753, caratterizzata da cinque scosse principali comprese tra magnitudo 5,6 e 7 della "scala" Richter e concentrate in un periodo di tre mesi.
Il ponte verrebbe poi assemblato per saldatura, procedimento meno costoso di quello con bullonatura o chiodatura a freddo, ma anche molto meno sicuro: tutti i modellini su cui sono state applicate sollecitazioni tipo sisma hanno mostrato rotture per fatica se saldati invece che bullonati. Franco De Majo (già docente di Costruzioni Ferroviarie al Politecnico di Torino) fa notare che la saldatura induce tensioni nell'impalcato che, sommate alle tensioni da carico, renderanno vulnerabile la struttura. Inoltre lo stesso De Majo mostra perplessità sui giunti di estremità (lo studio dei quali risulta "non approfondito") e sulle cerniere elastiche, a suo parere, praticamente irrealizzabili. Si dice: ma negli Stati Uniti e in Giappone i ponti si costruiscono, eppure sono aree sismiche. Si costruiscono, ma crollano pure, in seguito a terremoti, come accaduto a Kobe, in Giappone, nel 1995: strutture molto più basse e con decine (!) di piloni di sostegno di cemento armato piegati come burro. Per consolazione, però, il ponte sullo stretto di Messina sarebbe in grado di resistere egregiamente a un'esplosione nucleare che avvenisse fino a mezzo chilometro di distanza. Ma prima di scampare, eventualmente, al prossimo terremoto, il ponte va costruito e per farlo lo sconvolgimento idrogeologico sarebbe catastrofico. Si tratta prima di tutto di impiantare, a oltre 50 metri di profondità, due piloni alti quasi 400 metri per un totale di circa 500.000 metri cubi di cemento. Per fabbricare tutto quel cemento poi, ci vuole il calcare che deve venire dal più vicino possibile, che significa aprire decine di nuove cave nell'area dello stretto con sfregio ambientale irreversibile di colline e versanti, fino allo stravolgimento vero e proprio della carta topografica del rilievo esistente.
Nello scavare le due fosse si tirerebbero fuori 8 milioni di metri cubi di terra, sabbia, ghiaia e detriti rocciosi: che ci si fa ? Dove vengono portati ? In quanto tempo e con che mezzi ? Cosa invece comporterebbe lo scavo è subito detto: l'alterazione completa di ogni equlibrio idrogeologico delle aree di appoggio, ivi compreso il prosciugamento del lago Ganzirri (nel messinese). Che gli smottamenti siano un fenomeno frequentissimo proprio in quel settore lo testimonia la recentissima frana che ha investito il treno Roma - Messina a Scilla rischiando la strage: siamo sicuri che convenga alterare quel poco che resta in equilibrio ? La messa in sicurezza (naturalistica) del territorio non dovrebbe venire prima della costruzione di qualsiasi opera ? Lo stesso approvigionamento idrico per la costruzione sarebbe un serio problema, tutto questo in un'isola in via di desertificazione dove, durante la stagione estiva, ci sono molti paesi che non hanno acqua da bere a sufficienza. Non sarà il caso di farsi sfiorare dal dubbio che ci sia un impiego migliore di tutti quei miliardi ?
C'è forse ancora un piccolo margine di riflessione per chi non si rassegna a quella che sembra sempre di più un'inutile e male indirizzata opera dimostrativa, sotto qualsiasi latitudine politica la si osservi. Se i dubbi di natura tecnica e scientifica sono così tanti, se il buon senso è venuto drammaticamente a mancare e tutti sono solo abbagliati dal miraggio di un'opera meramente dimostrativa, e, soprattutto, se non ci sono evidenti benefici di tempo e vantaggi di traffico e, anzi, si stornano risorse utili altrove, ma allora a cosa e a chi serve il ponte sullo stretto di Messina ?

Mario Tozzi

Roma, febbraio 2002





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Messaggio un ponte unisce , quindi non capisco che problema c'è
A chi parla di "ci sono tante altre cose da fare " dico che la stessa genericità di questa frase dovrebbe farci capire come una singola opera, vitale, possa essere oggetto di maggiore attenzione e svolgere il ruolo di motore del resto del sistema infrastrutturale:le "tante altre cose da fare" in realtà significano tutto e niente.Mentre noi siciliani ci facciamo questi problemi, trenitalia addirittura taglia i traghetti, quindi scusate ma da persona che ha viaggiato parecchio con il treno dico che secondo me c'è ESTREMO bisogno del ponte.


venerdì 25 aprile 2008, ore 21:06
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gianiro ha scritto:
damalibe ha scritto:
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siciliano ha scritto:
io voglio la sicilia staccata dall'Italia... sti polentoni ci stanno rovinando :wink:



In parte mi trovo d' accordo con te ; non sono daccordo che la Sicilia si debba staccare dal nord , io preferirei che il Meridione avesse pari dignità e pari opportunità .
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Perchè?


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Un geologo polentone non fa testo.
A parte Grillo e qualche altro, messuno ha dubi sul fatto che progettualmente sia realizzabile.
La Sicilia di sposta di 3 cm all'anno? E che sono? Un quasiasi ponte, anche autostradale, fra l'estate e l'inverno si allunga e si accorcia anche di diversi metri!



Il punto è che il geologo in questione non è un polentone qualsiasi ,stiamo parlando di Mario Tozzi , e porta dati e statistiche , secondo me la parte scientifica riguardante il ponte non è da sottovalutare.

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damalibe ha scritto:
siciliano ha scritto:
io voglio la sicilia staccata dall'Italia... sti polentoni ci stanno rovinando :wink:



In parte mi trovo d' accordo con te ; non sono daccordo che la Sicilia si debba staccare dal nord , io preferirei che il Meridione avesse pari dignità e pari opportunità .
Il ponte secondo me non si deve fare perché è un opera che è destinata a durare poco .


Perchè?


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Un geologo polentone non fa testo.
A parte Grillo e qualche altro, messuno ha dubi sul fatto che progettualmente sia realizzabile.
La Sicilia di sposta di 3 cm all'anno? E che sono? Un quasiasi ponte, anche autostradale, fra l'estate e l'inverno si allunga e si accorcia anche di diversi metri!



Il punto è che il geologo in questione non è un polentone qualsiasi ,stiamo parlando di Mario Tozzi , e porta dati e statistiche , secondo me la parte scientifica riguardante il ponte non è da sottovalutare.

Uno contro mille!


per quanto mi riguarda può essere anche 1 contro un miliardo ti ripeto porta dati scentifici :wink:

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gianiro ha scritto:
damalibe ha scritto:
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siciliano ha scritto:
io voglio la sicilia staccata dall'Italia... sti polentoni ci stanno rovinando :wink:



In parte mi trovo d' accordo con te ; non sono daccordo che la Sicilia si debba staccare dal nord , io preferirei che il Meridione avesse pari dignità e pari opportunità .
Il ponte secondo me non si deve fare perché è un opera che è destinata a durare poco .


Perchè?


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Un geologo polentone non fa testo.
A parte Grillo e qualche altro, messuno ha dubi sul fatto che progettualmente sia realizzabile.
La Sicilia di sposta di 3 cm all'anno? E che sono? Un quasiasi ponte, anche autostradale, fra l'estate e l'inverno si allunga e si accorcia anche di diversi metri!



Il punto è che il geologo in questione non è un polentone qualsiasi ,stiamo parlando di Mario Tozzi , e porta dati e statistiche , secondo me la parte scientifica riguardante il ponte non è da sottovalutare.

Uno contro mille!


per quanto mi riguarda può essere anche 1 contro un miliardo ti ripeto porta dati scentifici :wink:


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e cosa dicono di diverso di Mario Tozzi ? mi interessa anche l' opinione dei mille.

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venerdì 25 aprile 2008, ore 21:53
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gianiro ha scritto:
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In parte mi trovo d' accordo con te ; non sono daccordo che la Sicilia si debba staccare dal nord , io preferirei che il Meridione avesse pari dignità e pari opportunità .
Il ponte secondo me non si deve fare perché è un opera che è destinata a durare poco .


Perchè?


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Un geologo polentone non fa testo.
A parte Grillo e qualche altro, messuno ha dubi sul fatto che progettualmente sia realizzabile.
La Sicilia di sposta di 3 cm all'anno? E che sono? Un quasiasi ponte, anche autostradale, fra l'estate e l'inverno si allunga e si accorcia anche di diversi metri!



Il punto è che il geologo in questione non è un polentone qualsiasi ,stiamo parlando di Mario Tozzi , e porta dati e statistiche , secondo me la parte scientifica riguardante il ponte non è da sottovalutare.

Uno contro mille!


per quanto mi riguarda può essere anche 1 contro un miliardo ti ripeto porta dati scentifici :wink:


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e cosa dicono di diverso di Mario Tozzi ? mi interessa anche l' opinione dei mille.


Mario Tozzi è più un bravo conduttere che un bravo geologo.
Non mi pare che sia la mente più brillante che abbiamo in Italia anche se lo stimo tantissimo, soprattutto quando spiega che l'aumento della temperatura sul pianeta non dipende dall'uomo e che quello del Global Warming è solo terrorismo per attirare denaro.

Se vogliamo dibattere sull'opportunità di farlo o non farlo, possiamo parlarne quando vogliamo.
Sul fatto che l'opera è fattibile non ci sono dubbi.
E' scientificamente provato e se società del calibro della World Trade Center hanno gareggiato per farlo, vuol dire che le tecnologie ci sono.
L'Italiana Astaldi, capocordata della Impregilo che ha vinto la gara d'appalto, avrebbe l'opportunità di fare il grande salto è diventare una delle più grosse ed importanti società per la costruzione di infrastrutture del mondo.
Un ponte realizzato con il meglio della nostra tecnologia sarebbe un vanto per l'Italia nel mondo ed un ritorno economico e di immagine per l'Italia e le sue imprese, impressionante.
Tutte le nazioni ogni tot di anni si cimentano nella costruzione di opere anche solo per dimostrare la propria potenza e il proprio grado di sviluppo tecnologico.


L' unica mia preoccupazione era la sicurezza del ponte e la sua durata, se oggi la tecnologia può mettere a sicuro un opera imponente come quella del ponte allora ben venga il ponte.

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venerdì 25 aprile 2008, ore 22:47
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Anchio ho la stessa preoccupazione , e spero anche che non ci sia di mezzo gente di dubbia fama.


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rCiccio ha scritto:
dada ha scritto:
Non condivido per niente questo ragionamento Ci'...la Sicilia sarà arretrata rispetto al resto dell'Italia...ma non siamo il Terzo Mondo!!!

Ma no, ma io non ho detto che la Sicilia è da terzo mondo ma che lo sono i ragionamenti in cui si pensa alle cose complicate quando mancano le cose primarie. Lo sviluppo è armonia, avere un'opera faraonica quando mancano le cose essenziali è tipico degli stati del terzo mondo, dove i governi cercano solo di farsi belli e non gliene frega un cacchio delle condizioni della popolazione. Vi ricorda i nostri governanti? Ma và?
Ma esiste che gli studenti di Gela per andare a Catania e Palermo devono farlo con quei torpedoni anzichè prendere dei bei trenini??
E poi la modernità che stravolge è proprio quella del ponte, mica delle ferrovie efficienti o le condotte idriche.


Ma perchè ci ostiniamo a pensare che il ponte sia solo per la Sicilia? Sbaglio o la nostra regione fa anche parte dell'Italia? Che quindi potrebbe beneficiare e, perchè no, anche vantarsi di questa grande opera? Però quando vediamo le opere negli altri Paesi, come li ammiriamo...diciamo "quelli sì che sono avanti"!!! Ci sarebbero tutte queste polemiche se lo stretto fosse stato al Nord Italia? Non credo...
Il fatto è che ormai tutti, anche i meridionali stessi, sono convinti che noi non ci meritiamo "le cose complicate"...questo è un ragionamento da Terzo Mondo...parlare del Sud solo associandolo a mafia, disoccupazione e sottosviluppo...dire con rassegnazione che non abbiamo l'essenziale, che la SA-RC è in quelle condizioni, come se fosse una cosa destinata a non cambiare...perchè si sa, "da noi è e sarà sempre così"...sono stufa di sentire i politici che si riempiono la bocca con la parola Mezzogiorno con finto interesse rifilandoci puntualmente promesse da marinaio...è chiaro che se ne fo**ono! Anzi forse a loro conviene se rimaniamo così...
Io sono la prima ad usare il condizionale per il ponte, perchè sono anch'io pessimista...ma mi sembra distruttivo pensare che prima del ponte ci sono delle priorità...è come dire meglio che non si fa niente...perchè ripeto, se dobbiamo aspettare che prima la Sicilia venga dotata di tutte le infrastrutture necessarie potrebbero passare secoli!!! Mentre questa è un'occasione che potrebbe segnare l'inizio di un cambiamento e che dunque non dobbiamo farci scappare!!!


sabato 26 aprile 2008, ore 12:58
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In tutto il mondo i ponti uniscono, noi Italiani siamo capaci di dividerci anche su questo...

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Quanto più ci innalziamo, tanto più piccoli sembriamo a quelli che non possono volare.

Friedrich Wilhelm Nietzsche


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ma dico io su questioni dove c'è questa spaccatura perche' non fare un referendum il giugno dell'anno prossimo sul nucleare( in tutta italia) e ponte(in sicilia e calabria) ?

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