dionisio
City Soldier
Data iscrizione: domenica 23 dicembre 2007, ore 23:41 Messaggi: 10410 Località: Roma
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TUTTI I 'TESORI' DI GELA CITTA' - FANTASMA DELLA MAFIA
GELA Lo chiamano il villaggio dei buana. Le palazzine di contrada Macchitella, fatte costruire alla fine degli anni Cinquanta da Enrico Mattei per ospitare i tecnici dell' Eni, costituiscono un' oasi di civiltà in una realtà che la Commissione parlamentare antimafia ha definito uno spaccato di tutte le più stridenti contraddizioni del sud. Prima che l' inarrestabile fiume di cemento straripasse su quel territorio solidificandosi nelle forme più sconcertanti, prima che la spietata guerra tra cosche lasciasse sul selciato centinaia di cadaveri, l' immagine di Gela era tutta lì: nelle sue ciminiere. Oggi, è una città fantasma, il quinto centro della Sicilia con i suoi centomila abitanti, con le sue ventimila case abusive, con i suoi undicimila disoccupati, con le sue strade dissestate e non asfaltate. Una città disperata, apparentemente povera, legata inesorabilmente a quegli stabilimenti sempre in crisi. Eppure non è così. Nelle banche di Gela scorrono fiumi di denaro, ma da dove provengono, su quali risorse vive questa città? Non certo il petrolchimico, non certo il commercio (strangolato dalle estorsioni), non certo l' agricoltura. L' economia sommersa di Gela sembra essere costituita da un enorme e ininterrotto flusso di finanziamenti pubblici che arrivano nelle casse degli enti locali con le destinazioni più diverse. E' la linfa di cui si nutre la più grossa industria della città, quella dei subappalti, controllata interamente dalle cosche. Accade così che per ogni metro di una fognatura iniziata tre anni fa e mai conclusa si spendano 160 milioni, che la torta dei 230 miliardi da dividere per la costruzione della diga Disueri abbia già provocato decine di morti, che si spendano più di ottocento miliardi per il risanamento di alcuni quartieri della città. Risanamento, una parola che suona beffarda a Gela che si è ben guadagnata l' appellativo di capitale dell' abusivismo edilizio con le sue ventimila case nate dal nulla, con i suoi 64 mila vani rimasti incompleti in quartieri dove non c' è né luce, né acqua, né fogne. Un dato impressionante: a Gela ciascun abitante ha a disposizione cinque vani. Il rapporto, normalmente, è di uno a uno. Ciò significa che qui si costruisce non certo per bisogno, ma per speculazione. Il piano regolatore, varato dopo venticinque anni, è stato assolutamente stravolto. Nell' 85, per il condono edilizio, i gelesi hanno versato trentacinque miliardi in oblazioni, ma Gela dicono alla ripartizione urbanistica del Comune non è risanabile. Dovrebbe essere abbattuta e ricostruita. Gli istituti di credito non riescono ad accendere neanche un mutuo sulle abitazioni. Non una sola dicono è in regola. Tranne, naturalmente, a Macchitella. Lì vivono i borghesi, coloro che possono contare su uno stipendio, i commercianti, i piccoli imprenditori che riescono ancora a non farsi soffocare dalla morsa delle estorsioni. Il petrolchimico: è l' unica risorsa alla luce del sole. Tremilacinquecento gli operai che hanno ancora assicurato un salario, altrettanti vivono con le imprese dell' indotto. Una cattedrale nel deserto che, anno dopo anno, ha cancellato l' illusione di una prospettiva rosea: nel 1960, quando Mattei aprì lo stabilimento, vi lavoravano ventimila unità. Oggi, la crisi del polo chimico ha costretto a drastici tagli occupazionali, ha sfornato migliaia di cassintegrati. I disoccupati: sono più di diecimila solo quelli iscritti all' ufficio di collocamento. Il 70 per cento sono giovani compresi tra i diciotto e i 29 anni. Ma molti sono degli strani disoccupati: al collo, ai polsi, c' è chi porta pesanti catene d' oro, orologi costosissimi. Qualcuno si vede girare a bordo di una sfavillante Mercedes. Ufficialmente disoccupati, vivono di un' altra grossa industria: le estorsioni. Fare il commerciante a Gela è quasi una condanna: riesce a tirare avanti solo chi accetta nuovi soci o chi si rassegna a pagare tasse ineludibili. Delimitare il fenomeno, per gli investigatori, è un' impresa quasi impossibile. Non esistono dati, né cifre e tanto meno denunce. Ogni macchina bruciata, ogni negozio che va in fumo, ogni colpo sparato contro una saracinesca è il segno di un taglieggiamento che autorizza a calcolare quanto gli operatori economici paghino ogni mese a Cosa nostra: diversi miliardi. In tanti hanno voglia di scappare. Molti non possono, altri non saprebbero dove andare, cosa fare. Gela, città strana. Dove il reddito medio per famiglia, secondo i più recenti dati Istat, è di 900 mila lire al mese (10 milioni e 800 mila lire all' anno). Dove, nel centralissimo corso Vittorio Emanuele, non mancano negozi ben messi dalle vetrine scintillanti, ma dove il 70 per cento della popolazione si dichiara indigente e non paga il ticket. Sessantamila richieste di esenzione che hanno portato, proprio qualche giorno fa, all' incriminazione di 190 persone per tentativo di truffa ai danni dello Stato. Una città dove non esistono i servizi né le strutture sociali, dove c' è un solo campo sportivo, tre cinema e l' unico teatro è chiuso da dieci anni. E lo Stato? Troppo facile dire non esiste. Le amministrazioni comunali durano in media non più di un anno, quasi tutte sono finite sotto inchiesta. Crisi è la parola più ricorrente al Comune di Gela, una parola che ha spesso paralizzato le residue energie di quegli imprenditori che hanno tentato di costruire lavoro andando a ruota del polo chimico. Per mesi e mesi sono stati costretti ad interrompere l' attività in attesa di avere un interlocutore, poi si sono sentiti dire dall' Enichem che le aziende collegate non danno garanzie di capacità imprenditoriali e si sono viste preferire, nelle commesse, le aziende del polo siracusano. All' orizzonte, un solo miraggio: quello della costruzione del megacentro Oli dell' Agip. - di ALESSANDRA ZINITI
addesso mi sorge una domanda .. ma che ca**o significa "buana " ?!?!
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