Brazo
City Soldier
Data iscrizione: lunedì 3 marzo 2008, ore 15:21 Messaggi: 9043 Località: Terranova
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Chi conquista la Sicilia, conquista l’Italia
Ve lo pubblico come l'ho trovato è veramente un articolo interessante!
Goethe, Milazzo, Fini e Berlusconi Chi conquista la Sicilia, conquista l’Italia
Finisce che ha ragione Wolfgang Goethe, secondo cui l’Italia senza la Sicilia non è niente. Questa frase buttata giù da Goethe grazie al suo viaggio nell’Isola, magari dopo abbondanti libagioni e incontri straordinari, ha aperto il cuore alla speranza e gonfiato i polmoni d’orgoglio di tanti siciliani, che si credono il sale della terra - Tomasi di Lampedusa dixit - ma non ha mai fatto la sua apparizione in politica. Fece capolino alla fine degli anni cinquanta con la cosiddetta operazione Milazzo ed ogni tanto cerca di entrare dalla finestra con il “laboratorio siciliano”, ma senza riuscirci.
La Sicilia non ha contato mai nel governo della nazione, ma è stata protagonista – per interposta persona – nel governo parallelo, quello degli spioni e delle bande del crimine al servizio della buona causa. Vecchia storia, i siciliani hanno dovuto arraffare quel che restava del potere per secoli, trovando nella pigrizia spagnola un generoso laisser faire. Avessero avuto gli austroungarici, come i lombardi, la storia sarebbe stata un'altra.
Invece che la statua della Madonnina all’entrata del porto di Messina, dovrebbero mettere una scritta ben leggibile per chi arriva per mare: “Il fine giustifica i mezzi”. La Sicilia ha messo a disposizione i mezzi, quelli leciti e gli altri, illeciti e criminosi, per combattere il Maligno che abitava a Mosca e stava facendo sprofondare il mondo nell’illiberalità. Dal dopoguerra agli anni Ottanta, l’Isola è stata la portaerei, il rifugio, la tana, la stanza dei bottoni, la cavia del blocco occidentale. Ha fornito manualità, logistica, know how, intelligence. Tutto. Un compito arduo, affidato a uomini maledetti, impresentabili, cui si è dopvuto pagare il conto. Ed a pagarlo, quando arrivava l’assegno all’incasso, sono stati i siciliani, l’Italia, cui incombeva l’onere di lasciare un po’ di largo ai preziosi alleati, permettendo loro di governare in Sicilia, fare e sfare un poco ovunque.
E’ cominciato con lo sbarco e gli intrallazzi che l’hanno preceduto, è andato avanti con i banditi che terrorizzavano la povera gente, e poi le mafie, la presa del potere con sindaci e governanti “a disposizione”. Traffici internazionali di droga e armi, legami con i “fratelli d’Oltreoceano”, lo stay behind siciliano dei boss “avvicinati” o chiamati in causa alla vigilia di grandi svolte politiche rischiose per l’Italia democratica. Non c’è rumore di catene, golpe da operetta o meno, che non abbia dentro una pagina dedicata ai boss. La caduta del muro di Berlino ha fatto perdere alla Sicilia-underground il suo potere. L’Isola viene dissequestrata d’incanto, ma resta legata alle sue trasgressioni. Le mafie devono campare, con il cordone ombelicale americano e non. Che cambi tutto, anche le fonti, ma non gli approvvigionamenti. Se non ci sono più gli spazi per i grandi e lucrosi traffici di armi e droga, ed è finito il tempo della speculazione edilizia, l’alternativa per sopravvivere bisognava cercarla ovunque: ed è stata trovata anche nella sanità, il business del presente.
Chi governa la sanità, governa la politica, lo sanno tutti. Facciamo un passo indietro. All’indomani della caduta del muro, in Italia chiudono bottega i vecchi partiti storici e s’insediano i nuovi; l’industria passa la mano alla finanza, la sanità si prende le risorse pubbliche, la nuova imprenditoria s’impossessa della comunicazione. Non cambiano solo i partiti, ma anche i desideri, i sentimenti, i pensieri degli italiani.
La Sicilia è sempre più marginale, ma chi ce l’ha in mano sa di non poterla mollare. La storia non conosce eccezioni: per governare Roma bisogna governare in Sicilia. Il ruolo strategico dell’Isola, sembra inalterato a dispetto della storia. C’è chi ne è convinto al punto da affidare la sua offensiva contro l’avversario politico proprio dalla Sicilia. Relegare le vicende siciliane al ruolo di baruffe chioggiotte è un errore. La scissione del Pdl nell’Isola non è un litigio fra comari ma la prova che le fondamenta dell’impero berlusconiano non sono così robuste.
I protagonisti dello scisma non sono soltanto i leader siciliani, ma i referenti nazionali. Gli uomini di Gianfranco Fini non guidano la rivolta ma sono essenziali alla sua credibilità ed al suo spessore politico. E la indulgenza di Silvio Berlusconi verso Gianfranco Miccichè, fatta passare come una mezza intesa, un ammiccamento, se non addirittura un incoraggiamento, è un’operazione utile ma dallo sguardo corto, perché se così non è - ed è assai probabile che così non sia – al momento di tirare le somme, si potrebbe rivelare un boomerang. Il ricorso alle urne in Sicilia infatti sta diventando un pensiero prevalente, sia nel Pdl quanto – pare – nel PD, dove si comincia a coltivare l’idea che con un centrodestra regionale diviso in quattro parti (Udc, Pdl Sicilia, PDL, MPA) possa dare al PD il passaporto per il governo. Chi conquista la Sicilia, conquista l’Italia, comunque la pensino al di là del Po’.
_________________ IL PALMARES NON SI PRESCRIVE
[Una volta a Pietro Secchia] Cos'ha fatto ieri la Juve? [...] E tu pretendi di fare la rivoluzione senza sapere i risultati della Juve? (Palmiro Togliatti)
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