L’indotto industriale nella bufera. A rischio 256 posti di lavoro al momento, che potrebbero diventare 600 dopo febbraio. Le cooperative storiche che da anni lavorano tramite le commesse della Raffineria di Gela, non ne ricevono più. Non lavorando non possono pagare gli stipendi né i contributi per i lavoratori, quindi si innesca l’istituto della cassa integrazione a catena. Insomma non lavorano più. Un incontro si è tenuto con il segretario regionale della Legacoop Filippo Parino. Dure le accuse contro l’Eni che, ancora una volta preferisce le ditte dell’alta Italia a quelle locali, producendo di fatto una perdita di posti di lavoro. “La Raffineria è una polveriera” - ha detto Parrino – o le manutenzioni non servivano prima e i lavori venivano gonfiati o servono e quindi non effettuarle significa mettere a rischio lo stabilimento e la città “. Ma lo è anche dal punto di vista dell’ordine pubblico visto che centinaia di famiglie perderanno il sostentamento. Per il momento la denuncia, dal primo febbraio ci saranno le iniziative concrete. Parrino lancia accuse pesanti: “ A che serve il protocollo di legalità se le aziende che partecipano alle gare non conoscono le motivazioni della loro esclusione alle gare di appalto?” Gli interventi per le "fermate", concordati dai vertici della Raffineria con i sindacati dei chimici, potrebbero non partire per la mancanza della fornitura dei materiali. La crisi occupazionale investe anche il settore edilizio con la perdita di centinaia di posti di lavoro. Il settore edile dell'indotto Eni in città è rappresentato dalle aziende gelesi Edilponti, Corima e Turco Costruzioni che danno lavoro a 325 dipendenti: 135 sono da settimane in cassa integrazione e 20 in ferie obbligatorie. Ne consegue che il 45 % dell’organico è costretto a vivere con 850 euro al mese.”Su 125 dipendenti – ha detto Giovanni Saletta titolare dell’Edilponti – 60 sono in cassa integrazione e fra poco saranno 100, questo da l’idea delle difficoltà che stiamo attraversando”. Tra le imprese che rischiano di essere travolte dall'emergenza investimenti, ci sono anche le cooperative Implaca, Socover e Smim impianti che ha ottenuto dai sindacati una condizione ordinaria dopo a seguito di una richiesta di cassa integrazione straordinaria per 120 unità.

Quello che piu' fa' incazzare è che l'Eni per l'ennesima volta non manterra' le promesse riguardanti la costruzione di impianti a basso impatto ambientale ..
Infine ... quello che piu' ci umilia in tutta questa storia è la seguente frase:"Dure le accuse contro l’Eni che, ancora una volta preferisce le ditte dell’alta Italia a quelle locali, producendo di fatto una perdita di posti di lavoro."

L'Eni ha sfruttato questo territorio, lo ha distrutto e a quanto pare, adesso, quello che fu' il miracolo economico non dara' lavoro neanche agli stessi gelesi
Ma che aspettiamo ad organizzare una manifestazione associata ad altre associazioni ?
Parliamone nel prossimo incontro ...

adesso capisco il picca n'avemu di gianiro....

Gianiro pero' è anche vero che a Gela vi sono molte coperative e ditte che lavorano bene e che lavorano anche fuori e sono riconosciute a livello internazionale.
Perche' dunque anche queste ditte hanno problemi ?

capisco .. in pratica queste ditte vivono in simbiosi con la raffineria di Gela, precludendosi tutto il resto.
Pero' è anche vero che in questo libero mercato, il lavoro per i gelesi debba essere sempre garantito, visto e considerato che quel "mostro" sta sul nostro territorio

detto pulito: me ne fotto. mi auguro che l'eni chiuda in tutta italia.

Gianì, il gelese quando lavora fuori, dieventa un grandissimo lavoratore e lavora anche molto più dei cazzoni continentali.
Quando purtroppo "gioca in casa" comincia da allentare la presa e in comagnia di altri colleghi gelesi le cose cambiano.

mio padre lo sa cosa ne penso e spesso mi cazzia per questo. però io rimango fermo della mia idea.. se fosse l'eni di mattei sarebbe ben accetto, adesso è una azienda generatrice di morte

Se la famiglia fosse tua non so' se scriveresti con tale menefreghismo
To pa' fa bonu a cazziariti

lavativo = raccomandazione politica = lavoro a Gela

Comunque condivido quello che ha detto Gianni anche se io non ho mai lavorato con ditte dell'indotto!

Certo ci sono pure quelli!!

Tutti i gelesi che vanno fuori è normale che sono tra i migliori, perchè vanno via per disperazione e danno il massimo quando trovano gente che gli da fiducia!

Quindi non condivido quello che dice Ellenico, se non sbaglio, un lavativo rimane sempre lavativo o a Gela o al nord o al sud o su marte!!!

Speriamo allora che questo scossone faccia smuovere un po' d'inteligenza dell'indotto.
ma è anche vero che se accade quello che si sta prefiggendo, prepariamoci a una bella rivolta in città

a pirchi unni chiurunu ssi 4 tubba frarici di anici...a campagna a ficinu moriri o paisi...e cammelu si na chianari e muntagni ppi travagghiari ...

lassa perdere..

Ottima equazione.
Situazioni analoghe si sono purtroppo verificate in alcune aziende: a causa di dipendenti lavativi, c'è andato di mezzo il resto dei lavoratori.

è anche vero che l'economia di questa citta' gira intorno all'eni...
questo non ci si pensa?
se l'eni dovesse chiudere non è solo l'imprenditore o il singolo operaio che ci lavora
a rimetterci, ma bensì tutto il paese...
una crisi di questo genere non la voglio minimamente immagginare, ma
come sopra citato, i primi a chiudere saranno proprio quelli che non centrano niente con
l'eni,,,.............mettiamocelo bene in testa ragazzi, non scherziamo.................................