gianiro
City Keys Owner!
Data iscrizione: giovedì 21 dicembre 2006, ore 20:21 Messaggi: 4083 Località: MACCHITELLA (GELA)
Karma: 56 punti
|
.....E non te la scordi più.
Tutti abbiamo letto questo articolo di Serena Curti, pubblicato su un quotidiano del nord. Una Bolognese nata a Trento...per caso a Gela in vacanza.
Esistono dei luoghi, in Italia, che nessuno sa. Non appaiono di frequente sulle guide turistiche: le agenzie di viaggio non consigliano, non nominano. Eppure esistono. Prendo un aereo, dal mio nord, del tutto inconscia di quello che mi aspetta, senza sapere come sarà quando arriverò, se ci arriverò davvero. Il mio nord che è davvero nord, che da casa mia ci metto lo stesso tempo ad arrivare in Austria in auto che a giungere dove sto andando in aereo. Partenza: profondo nord. Arrivo: profondo sud. E del sud se ne sentono tante. Perchè quando si pensa al sud, una è la parola che compare in testa, e sappiamo tutti quale. Senza ipocrisia. Mafia. Storie di gente ammazzata, di incendi, di pizzo. Storie di uomini che hanno deciso di vivere sulle spalle di altri uomini, rincorrendo l'ideale di guadagni facili, di potere, o meglio, di potenza. Mafia. E andare al sud, andare in Sicilia. Immagini le donne coi capelli legati stretti, sedute fuori da casa, col capo coperto da scialli neri troppo pesanti per la stagione estiva, e le gocce di sudore sulle tempie. Uomini con la coppola che chiacchierano per strada, che non bisogna guardarli troppo fisso negli occhi altrimenti. Si, la mafia. Si, c'è. Ma la Sicilia non è la mafia. Profumo di gelsomino che ti riempie le narici e sale fino al cervello. Eccitante. Travolgente. Il mare, blu, verde, rosso. Il mare della Sicilia. Quel mare d'Italia che si vede sulle cartoline. Quel mare che per averne l'idea davvero ci vorrebbero gli anni. Quel mare che se ti ci immergi la sera, quando il sole ormai senza più sforzi si abbandona e si lascia andare, ti fa stare bene. Il sapore della granita, del pesce fresco. I colori e I rumori del mercato di Palermo. Il cielo di Agrigento. Il bianco delle chiese di Modica. Le voci dei Siciliani, quella gentilezza umile, piena, profonda. Quell'offrirsi generosamente, quel desiderio inconscio di farti sentire a casa tua, di esserti d'aiuto. Semplice. Schietto. Caldo. E per le strade, la Sicilia si mostra. Si mette in mostra, per quello che le è restato, dopo secoli di dominazione araba, spagnola. E I suoi tesori non li nasconde, li fa vedere, come una vecchia signora col viso ormai cosparso di rughe, una di quelle donne di un tempo, forti, combattive, che nonostante tutto non si arrendono mai. Un velo di rossetto, un po' di mascara. Perchè la Sicilia è femmina. Perchè la Sicilia non è solo mafia. E nel sud del sud, che più giù c'è solo l'Africa, c'è una città che pochi sanno. Conosciuta solo per ragioni illecite, incivili. Per il Petrolchimico che con le due torri, silenzioso, la sorveglia senza farsi troppo sentire. Ma c'è. Sempre. E nel sud del sud, che più giù c'è solo l'Africa, c'è una città che pochi sanno. Una città in fiamme un giorno si e uno no. Una città che funziona male, dove il depuratore si rompe o semplicemente smette di funzionare, dove le auto bruciano, dove ti svegli una mattina e acqua non ce n'è. E nel sud del sud, proprio lì, vicino all'Africa, a 1500 chilometri dal mio nord, c'è una città che aveva tre volte il numero di templi di Agrigento. Una città cinta da mure antiche, coperte da palazzi che, per comodità o pigrizia, ci si sono apoggiati. Una città in cui una volta c'era un castello, ed ora un edificio triste. E il mare è blu intenso, il sole rosso fuoco, l'alba rosa chiaro. Una città dilaniata, abusata, violentata. Una città che è la Sicilia. Una città che vive, che lotta ogni giorno, che respira e cerca di non affogare negli scarti del Petrolchimico. Vera. Reale. Senza troppo trucco sulle guance, senza ombretto ad abbellire lo sguardo. Ha il sorriso delle ragazze del centro, con le gonne che svolazzano al vento d'estate. Ha la voce dei ragazzi che dicono "no", di quelli che si danno da fare, che la sera si trovano ad organizzare il futuro, quello di tutti, quello collettivo. Di quelli che non la abbandonano. Di quelli che ci ritornano. Perchè Gela, come la Sicilia, è femmina. Perchè Gela, come la Sicilia, lotta. Perchè Gela ti guarda negli occhi, ti scava dentro, ti fa pensare. E non te la scordi più.
Oggi mi ha mandato un link. Il giornale, visto l'enorme successo che l'articolo ha raccolto su FB, l'ha intervistata. Qui di seguito l'intervista:
TRENTO. Eccola qui, l'autrice del racconto su Gela e la Sicilia che sta infiammando il web: 24 anni, di Trento, maturità al liceo linguistico "da Vinci", ora iscritta all'università a Bologna dove studia Gestione e innovazione delle organizzazioni culturali e artistiche, Serena Curti è un po' frastornata dal faro "internettiano" puntato su di lei. Che quel racconto, paradossalmente, lo aveva scritto solo per sé. «Sì, una settimana dopo la vacanza che ho fatto in agosto a Gela - racconta - in Sicilia c'ero già stata una volta ma parecchi anni fa, e in un'altra località. Non avevo intenzione di divulgarlo, erano pensieri miei, buttati su carta perché quello che ho visto, le persone che ho conosciuto, mi avevano molto colpito. Poi ho saputo dell'iniziativa "Il mio Trentino", della possibilità di vederlo pubblicato sul giornale. E così l'ho spedito, ma non avrei mai immaginato che potesse succedere quello che sta succedendo». Aveva mai scritto prima un racconto o un articolo? Magari su un blog? No, non ho nessun blog. Quando scrivo lo faccio per me, e qualche volta mi è capitato, ma non ho mai divulgato nulla. Questo, eccezionalmente, l'ho fatto leggere all'amico di Gela da cui ero andata in vacanza e gli è piaciuto molto. Ed è stato lui a linkarlo sul sito di una webradio di Gela, Radio Altra Voce, una radio dell'Arci. Io non l'avevo fatto leggere neppure ai miei familiari. Che cosa pensava di trovare in Sicilia prima di partire? Aveva pregiudizi? In realtà l'idea principale è che sarei morta dal caldo: sono stata là dal 16 al 22 agosto... Ero andata a trovare un amico che mi aveva parlato moltissimo di Gela. Avevo una grande curiosità: quella di visitare questa terra guidata dagli occhi di un siciliano. E mi ha fatto conoscere tante persone che si danno da fare per cambiare la situazione, non con le parole ma attraverso i fatti. Ad esempio? Penso proprio ai ragazzi della webradio dell'Arci, impegnati in tante manifestazioni e nell'informare sui problemi dell'area di Gela. Ha visto il polo petrolchimico? Sapeva del record di Gela relativo alle costruzioni abusive? L'ho visto, certo. Quando ero là mi hanno anche raccontato che il depuratore delle acque non funzionava e il petrolchimico scaricava in mare, su questo c'è in corso anche un'inchiesta. I problemi là ci sono e sono gravi, senza dubbio: Gela non è il paradiso terrestre. Ma c'è anche molto altro. Ha trovato qualcosa, a Gela, a cui pensa che non riuscirebbe mai ad abituarsi? Il traffico. Il modo di guidare. Motorini con due persone senza casco che rombano sui marciapiedi... a Trento li metterebbero in galera. E qualcosa invece che a Trento manca? Le strade e le piazze piene di gente, dai bambini agli anziani, a tutte le ore. C'è un senso di comunità che noi ci sogniamo. Quando sono tornata qui, una sera ero in città dopo le 22: strade vuote, nessuno che passeggiava. Ed era una sera di agosto. A Trento avremo anche le strade presidiate dalle telecamere, ma sono strade desolatamente vuote. Leggendo il racconto, non è stata solo a Gela. Sono stata a Modica, a Noto, Capo Passero, Isola delle Correnti, la costa sud-est insomma. Ma anche nella Valle dei Templi. E in effetti la città di Agrigento è un po' troppo vicina ai monumenti... E la mafia? Ne ha avvertito la presenza? La mafia c'è eccome, ma io la intendo in una accezione più ampia: la mafia non è solo il boss con le collane d'oro che manda i picciotti ad ammazzare la gente, la mafia è anche fatta di motociclisti senza casco, di imprenditori che pagano lo stipendio e non i contributi, di lavoro nero senza contratto. La mafia per me è l'illegalità, in generale. Ha letto che il suo racconto è piaciuto anche al capo della Procura della Repubblica di Gela? Davvero non mi aspettavo tanta attenzione. Tutti quei commenti in internet... Prendersi anche solo due minuti per intervenire scrivendo è un bel segno di partecipazione. E mi sono commossa quando ho letto tutti quei "grazie". Mi auguro che tutte le persone che lo hanno scritto possano agire individualmente per migliorare la loro città che hanno dimostrato di amare tanto. Alcuni hanno scritto che da Gela se ne sono andati perché non ne potevano più. Io parto dal presupposto che ogni persona, come singolo, deve fare la propria parte: se una cosa non ci piace, dobbiamo essere noi stessi a cercare di cambiarle. Ma con i fatti, non con le parole. Le persone che se ne vanno senza fare nulla ci saranno sempre. Crede che i trentini abbiano la stessa volontà di cambiare le cose? Io credo di sì: per restare ai racconti dei lettori, penso a quello che avete pubblicato sui problemi ambientali della Valsugana. Da noi però manca il senso della comunità che ho avvertito a Gela. Se si esce alle 22 e per strada non si trova nessuno, significa che la gente pensa solo ai propri affari. Se le strade non fossero deserte, non servirebbero le telecamere: la sicurezza, prima di tutto, la dà la comunità. Lei vivrebbe a Gela? Sì, sarebbe una straordinaria esperienza formativa. Che cosa dovremmo imparare dai siciliani? Il senso dell'ospitalità. Noi trentini non siamo capaci di accogliere un siciliano come loro sanno fare con noi. (p.mor.)
Può essere spunto per una bella discussione!
_________________
Attrezzatura e tecnica sono solo l'inizio. È il fotografo che conta più di tutto. (John Hedgecoe)
|