Vorrei fare notare come l’invito di Beppe Grillo, rivolto naturalmente al sindaco di Gela, di affidarsi a grandi nomi della scienza come il dott. Stefano Montanari e la moglie Antonietta Gatti per dar battaglia all’ENI chiedendo così garanzie di salute, di lavoro, di salvaguardia ambientale per uno sviluppo compatibile
sia stato totalmente stravolto e rovesciato!Ai numeri al lotto di possibili future assunzioni si aggiunge il ricatto dei 150 lavoratori minacciati di essere lasciati sul lastrico con la chiusura dell’impianto di etilene:
l’ENI E’ PADRONE INCONTRASTATO e tutti noi siamo superflui di fronte tali redditizi investimenti !
E LA SINISTRA CHE DICE? LA SINISTRA DOV’E’????Ah, già…dal mare (di bugie) Gela è a
SINISTRA del PETROLCHIMICO!!!! Rischiariamo la memoria con i mille motivi per cui Gela dovrebbe ringraziare il petrolchimico...benefattore:
“ASPETTI GIUDIZIARI E INDAGINI EPIDEMIOLOGICHE
Tra le inchieste giudiziarie quella che risale a novembre del 2003 ha portato al sequestro di ben 90 serbatoi del petrolchimico le cui perdite avrebbero inquinato le falde acquifere: una situazione determinata da una politica di non investimento in sicurezza ambientale e manutenzione degli impianti. Con l’azione penale dell’Autorità giudiziaria l’azienda è stata costretta ad effettuare le opere di manutenzione. La vicenda giudiziaria più clamorosa che ha coinvolto l’area industriale è stata però quella relativa al petcoke, sollevata dalla Procura di Gela nel 2002. Il petcoke è un residuo solido del processo di raffinazione del petrolio, prodotto dalla raffineria di Gela e accatastato all’aperto con pale meccaniche in attesa di essere bruciato ne lla centrale termoelettrica. Il Decreto Ronchi allora lo classificava tra i rifiuti ed è tuttora utilizzato come combustibile per alimentare la centrale elettrica dello stabilimento e venduto ai cementifici per le fornaci. Il Gip del Tribunale di Gela, con un decreto del 13 febbraio 2002, dispose il sequestro del petcoke in quanto la centrale di Gela, in base al decreto Ronchi, non avrebbe avuto i requisiti per utilizzarlo. Un provvedimento che determinò di fatto il blocco dell’intero impianto per mancanza di energia elettrica. La reazione della popolazione gelese, preoccupata per la perdita del posto di lavoro, è sfociata nell’occupazione degli impianti e in due scioperi generali che hanno bloccato la città e portato a diversi momenti di tensione per l’ordine pubblico. Il governo nazionale è intervenuto clamorosamente con un decreto ad hoc, poi convertito in legge, che ne ha autorizzato l’uso del petcoke,trasformandolo da rifiuto a combustibile. La Procura ha dovuto quindi, emettere il decreto di dissequestro, con roventi polemiche da parte degli ambientalisti e non solo. Le vicende giudiziarie del polo petrolchimico non si sono esaurite con l’episodio del petcoke. Il 28 giugno del 2002 un incendio ha distrutto parte degli impianti topping della raffineria, evento che ha portato ad un ulteriore sequestro del forno dell’impianto di Acn gestito dall’allora Enichem perché non conforme alla legge. Il processo si è aperto il 22 luglio del 2004 e vede imputati i dirigenti della raffineria. L’accusa addebita loro l’incendio colposo in quanto le perizie hanno dimostrato che poteva essere evitato. Gli altri reati contestati riguardano le emissioni di sostanze inquinanti, lo sversamento di greggio in mare, lo smaltimento di rifiuti e gli scarichi senza autorizzazioni, l’inquinamento della spiaggia e del litorale, i danni alla flora e alla fauna. Nel corso degli ultimi anni si sono registrate nascite di feti malformi con una punta più alta nel 1995 con 45 casi. Scorrendo su internet i dati del registro I.S.MA.C sulle nascite malformi registrate in provincia di Caltanissetta tra il 1999 e il 2001, salta all’occhio in maniera assolutamente inaspettata che solo nelle caselle dell’Ospedale V. Emanuele di Gela i risultati sono pari a zero. Viene segnalata soltanto una nascita nel 2001, mentre dal numero di articoli che appaiono sulla carta stampata la percentuale è molto più alta. Solo nel 2002 ne vengono segnalate addirittura 46 su 919 nati, il valore più alto della provincia. L’Ufficio di Igiene e Sanità dell’allora Usl di Gela, nell’ambito di un’indagine epidemiologica sulla mortalità per patologie cancerogene, ha ottenuto il seguente risultato: la mortalità per neoplasie nel triennio 1983/85 è pari al 17,8% mentre nel triennio 1993/95 è pari al 23,9%; il tumore al polmone rimane la prima causa di morte con percentuali del 28,2%, mentre il tumore al fegato supera di 4-5 volte la media nazionale. Soltanto il rapporto dell’Organizzazione mondiale della Sanità sullo stato di salute delle popolazioni delle aree ad elevato rischio ambientale, fornisce un quadro indicativo più chiaro sulla situazione sanitaria a Gela. Secondo il rapporto dell’Oms, nell’area del Comune di Gela si registrano tra le cause tumorali, eccessi significativi per il tumore allo stomaco e il tumore al colon retto e al fegato, mortalità che risulta per tutti i tumori superiore all’atteso regionale. Per quanto riguarda le cause non tumorali, soprattutto negli uomini, si registrano le più alte percentuali di morte e comunque, si legge nel rapporto, «il profilo di mortalità dell’area è indicativo di uno stato di salute influenzato da numerosi fattori di rischio a carico dell’apparato digerente».L’Oms non si limita ad analizzare i dati, ma lancia anche un preciso allarme: «si registra nell’intera area, un aumento di rischio di contrarre un tumore polmonare tra gli uomini per le generazioni più giovani (…) per l’accumularsi di effetti sulla salute legati ad esposizioni professionali nei decenni passati». Infatti l’insieme delle esposizioni, che si verificano durante la raffinazione del petrolio, è stato
classificato come probabile cancerogeno dallo Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, soprattutto per quel che riguarda il tumore polmonare, quello linfoematopoietico, alla vescica e le leucemie. Il rapporto dell’Oms conclude dicendo che non è da escludere che le esposizioni ambientali possano avere conseguenze sulla salute, soprattutto tra i residenti più prossimi allo stabilimento o sottovento.”
Da: http://www.legambiente.com/documenti/20 ... /index.phpSIAMO SICURI DI VOLER AGGIUNGERE ALLA LISTA ANCHE 1 RIGASSIFICATORE?C’è nessunoooooooooooooo??? O siamo già morti?!!!!!!!!!!!!!!!!!!
PERCHE’ IL NO AI RIGASSIFICATORI:- Per il gas è stimato un picco di produzione, circa una decina di anni più tardi rispetto al petrolio (ma al livello di consumo attuale), quindi dobbiamo tenere ben presente che non si tratta di una soluzione definitiva.
- Tra la progettazione, la realizzazione e la messa in opera dei rigassificatori andiamo a finire tra il 2010 e il 2015: per poter poi operare per pochi anni, con investimenti notevoli, e sicuramente anche con la necessità di fondi comunitari. Soprattutto, quanto costerebbe il tutto?
- Oggi è vero che ci sono diversi produttori di questo gas ma c’è anche una carenza di impianti di liquefazione nei Paesi produttori ed il gas liquefatto è disponibile in quantità ridotte. E un’ulteriore shortage si prospetta nel campo delle navi da trasporto gas: considerando il tempo di carico, scarico e di viaggio dal Qatar, loro principale fornitore, solo gli USA avrebbero bisogno di 194 navi a loro completa disposizione. Nel mondo esistono appena 282 navi metanienere che difficilmente potranno soddisfare le richieste via mare di Europa, Asia, America e Australia nel breve e nel medio periodo, tantè che durante la crisi Californiana di alcuni anni fa, nonostante negli USA vi fossero molti rigassificatori, questi rimasero fermi per mancanza di mezzi per il trasporto del gas
- Il rischio di incidenti gravissimi. Secondo uno studio preparato per il Pentagono l’energia contenuta in una gasiera di media grandezza è equivalente a quella di diverse bombe atomiche.
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I danni ambientali: il rigassificatore per funzionare scarica tonnellate di cloro nell’acqua di mare semplicemente per uccidere eventuali organismi e incrostazioni che intaserebbero i filtri che prelevano l’acqua del mare che va sugli scambiatori. Inoltre produce forti emissioni di metano ad alto effetto serra e di conseguenza la svalutazione delle unità immobiliari di circa il 30-50%
Se si vogliono proporre rigassificatori o altre soluzioni come “soluzioni d’emergenza”, allora insieme a questi annunci si presenti contemporaneamente anche il piano energetico nazionale, che al momento non abbiamo. Soluzioni come il solare termico, la cogenerazione e l’isolamento termico sono già una realtà, da poter applicare domani anche con tutti i soldi spesi inutilmente dall’ENI, che produce utili da capogiro proprio nel momento di maggiore crisi energetica.