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Sindaco contestato dal suocero del boss 
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Data iscrizione: martedì 22 novembre 2005, ore 10:01
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Messaggio Sindaco contestato dal suocero del boss
Gela, all'assemblea Ds sindaco contestato dal suocero del boss

GELA (CALTANISSETTA) - C'era un insolito parterre, ieri, a un convegno del "Correntone" dei Ds, a Gela: il presidente del gruppo parlamentare al senato, Cesare Salvi, firmatario della mozione di minoranza al prossimo congresso nazionale, il deputato nisseno, Angelo Lo Maglio, l'assessore comunale ai servizi sociali, Paolo Cafà e Francesco Di Fede, 77enne suocero del boss mafioso Daniele Emmanuello, latitante da diversi anni.

Di Fede è pure intervenuto al dibattito che si è svolto dopo l'illustrazione della mozione congressuale. Il suocero del mafioso latitante di Gela ha detto di essere comunista da sempre ma ha invitato l'assemblea e l'intero partito a non votare per il sindaco, Rosario Crocetta (PdCI-L'Unione), alle prossime elezioni comunali di maggio, perché avrebbe "rovinato la sinistra a Gela". In evidente imbarazzo, nessuno dei dirigenti diessini locali ha replicato a Di Fede, malgrado il partito abbia confermato ufficialmente il proprio sostegno alla ricandidatura di Crocetta alla guida dell'amministrazione comunale.

Francesco Di Fede, bidello statale in pensione, è il padre di Virginia Di Fede, 42 anni, ex lavoratrice Rmi (reddito minimo di inserimento) del Comune di Gela, licenziata dal sindaco Crocetta lo scorso 21 aprile, quando il primo cittadino scoprì la sua presenza tra i precari municipali. Allora Crocetta sostenne che la donna era "tutt'altro che povera".

Un mese dopo il sindaco trovò il nome di Virginia Di Fede tra quelli dei poveri della città inseriti nella graduatoria per l'assegnazione delle case popolari, e ne ordinò la cancellazione. "Crocetta si è accanito ingiustamente contro mia figlia e la sua famiglia - ha detto Francesco Di Fede -, non merita di essere riproposto come sindaco di Gela". Crocetta, venuto a conoscenza dell'intervento di Di Fede all'assemblea diessina (alla quale il sindaco aveva portato il suo saluto per poi andare subito via), ha chiesto un incontro urgente con i vertici Ds di Gela.
Ed oggi arriva la dura replica di Crocetta: "Le accuse del signor Di Fede non mirano a proteggere una famiglia abbandonata, ma il nucleo familiare di uno dei più feroci mafiosi latitanti che esiste in Sicilia". "Certo che a sentirla come la racconta lui potrebbe persino sembrare una persecuzione. - aggiunge Crocetta - Le colpe dei padri che ricadono su moglie e figli. Con questa ottica lo Stato dovrebbe dare le case popolari e i contributi del reddito minimo di inserimento alla moglie e ai figli di Provenzano, alla moglie e i figli di Riina, di Nitto Santapaola e di altri fior fiore di galantuomini".

"Emmanuello non è un povero emigrante che ha lasciato moglie e figli sul lastrico, - osserva - ma il terzo latitante più pericoloso attualmente in Sicilia. Uno che è inserito nell'organigramma come possibile successore al top di Cosa Nostra, che per anni ha gestito appalti, subappalti, traffico di droga, estorsioni ed usura, praticamente un miliardario".
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Mi ricorda un po' Totò Riina quando parlava male dei "cumunista". Ma davvero sperava di convincere i DS a non candidare Crocetta? Qual'era il suo scopo???


lunedì 26 febbraio 2007, ore 15:08
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